Le interdipendenze crescenti tra sistema spaziale e nuove tecnologie ubiquitarie (IA, Quantum Technologies, cybersecurity)
Elementi di riflessione iniziali sull’autonomia del settore spazio nazionale
È indubbio come nella temperie attuale il termine “cyber” abbia subito una sorta di “migrazione terminologica”, divenendo sinonimo di “digitale”: un prefisso che coinvolge ormai tutte le aree della vita quotidiana, il che fornisce la reale portata della pervasività delle trasformazioni tecnologiche nella società attuale, dominata dalla tecnica (Ellul 1954; 1977 [1]) . Da qui la cyber-società, la cyber-comunità, la cyber-economia, la cyber-politica, la cyber-cultura e finanche la cyber-spiritualità.
Si tratta del contesto definito dalle tecnologie che si possono definire ubiquitarie, in quanto pervasive e ovunque fruibili e disponibili; dapprima ha avuto luogo l’avvento della tecnologia digitale, con la rivoluzione elettronica e del computer intesa dal mainframe allo smartphone, fattore abilitante essenziale. Ora è arrivato il momento dell’Intelligenza Artificiale (IA) e delle Quantum technologies (QT), in particolare del Quantum computing.
Le tecnologie ubiquitarie così sinteticamente definite modelleranno lo sviluppo e la storia di questo mondo “cyber”, il quale ha bisogno, per ragioni in ultima istanza etiche e politiche in senso alto, di una cybersecurity affidabile e abilitante. È quindi chiaro che anche il sistema spaziale, inteso in senso olistico, non poteva non essere interessato a tali profonde trasformazioni. In questo breve testo verrà svolta, dunque, un’iniziale riflessione su come gestire tale interdipendenza per salvaguardare la stabilità, la sovranità tecnologica e la sicurezza del Paese Italia.
1. Caratteristiche generali dei sistemi spaziali
In termini generali, un sistema spaziale è ciò che si impone alla nostra attenzione quando si abbandona la scala planetaria e si sposta lo sguardo verso il resto dell’universo. Esso può essere naturale – come il sistema solare – o artificiale, come quello che consentì la missione Apollo 11.
Opportuno e interessante è osservare che, mentre il mondo “cyber” e le tecnologie ubiquitarie ad esso associate sono legate ai progressi della fisica su scala atomica e subatomica e quindi microscopica, per la quale si impone l’uso della meccanica quantistica, i sistemi spaziali (naturali o artificiali che siano) sono descritti dalle leggi fisiche della gravitazione, che è la forza dominante sulle grandi distanze; e si sviluppano su grandi dimensioni, di natura intrinsecamente almeno globale.
Come si è accennato, un sistema spaziale naturale è esemplificato dal sistema solare ma anche da una galassia o da un ammasso di galassie, su scale via via crescenti.
Un sistema spaziale artificiale è invece costituito da artefatti umani con i quali si sta occupando lo spazio circumterrestre ed esplorando quello esterno. Immediato dedurre l’impatto geopolitico di questa possibilità di osservare e comunicare “dall’alto”, che modifica radicalmente il concetto di distanza e che si sottrae anche ai vincoli imposti dai normali confini fra Stati, ben definiti per terra, mare e aria.
Per la parte che qui interessa, è d’obbligo focalizzare l’attenzione sugli oggetti artificiali creati dalle capacità demiurgiche dell’essere umano.
Questi oggetti includono sostanzialmente quattro categorie principali:
- satelliti che si considerano comprensivi delle sonde scientifiche, ivi comprese quelle dirette verso lo spazio esterno;
- stazioni spaziali;
- veicoli di accesso e rientro;
- detriti.
Per quel che concerne la prima classe, si possono qui riportare alcune esemplificazioni:
- satelliti per telecomunicazioni, i quali forniscono servizi di comunicazione come la telefonia, la televisione, la trasmissione dati e l’accesso a internet;
- satelliti per l’osservazione del pianeta Terra, i quali monitorano l’ambiente terrestre, fornendo informazioni su clima, foreste, oceani e disastri naturali;
- satelliti di navigazione, i quali forniscono informazioni sulla posizione e la velocità agli utenti del Global positioning system (GPS);
- satelliti meteorologici, i quali procurano dati sulle condizioni meteorologiche e aiutano a prevedere il tempo;
- satelliti militari, i quali vengono utilizzati per la sorveglianza, la comunicazione e la navigazione militare.
Per quel che riguarda la seconda classe di oggetti artificiali, quella delle stazioni spaziali, esse si connotano per essere utilizzate per la ricerca scientifica, l’osservazione astronomica e la sperimentazione di nuove tecnologie. In genere si tratta di grandi strutture artificiali in orbita attorno alla Terra o ad altri corpi celesti: tra esse la Stazione spaziale internazionale (ISS) è la più famosa e attualmente operativa.
I veicoli di accesso e rientro, chiamati anche lanciatori, sono di estrema importanza in quanto abilitanti per ogni attività da svolgere nello spazio e fortemente connessi con le tecnologie missilistiche, inclusi gli Intercontinental ballistic missile (ICBM); ciò spiega il significato geopolitico e propagandistico della “corsa allo spazio” degli anni Sessanta.
I detriti spaziali costituiscono l’ultima classe di oggetti artificiali che, in quanto rifiuti o non più funzionanti, orbitano attorno alla Terra.
La loro importanza deriva dalla considerazione che possono avere un grado di pericolosità elevata per i satelliti e le stazioni spaziali in orbita, anche perché la loro quantità sta crescendo a un livello esponenziale e ciò rappresenta – evidentemente – una minaccia per la sicurezza spaziale. In quanto artefatti tecnologici creati dall’uomo per specifici usi, sia i satelliti sia le stazioni e, in generale, tutti i sistemi spaziali ricadono all’interno delle minacce cibernetiche.
In buona sostanza, questi sono asset che esistono nello spazio circumterrestre o esterno oppure sistemi di controllo a terra, comprese le strutture utilizzate per il lancio di questi asset; va tenuto presente che queste ultime non sono strettamente collegate al tipo di sistemi in orbita e che i due sistemi, quello spaziale e quello per il lancio dello stesso, interagiscono solo durante la fase di lancio e di accesso allo spazio.
Essi sono solitamente suddivisi in quattro segmenti tecnologici e operativi:
- il segmento spaziale;
- il segmento di collegamento;
- il segmento di terra;
- il segmento di utenza.
Il segmento spaziale comprende uno o più satelliti in orbita: la numerosità dei satelliti può essere tale da garantire una copertura di tutto il pianeta. I veicoli di lancio progettati per rilasciare i satelliti nello spazio possono essere considerati, per quanto già detto, sistemi abilitanti complementari. Un satellite contiene un carico utile o payload – ovvero l’apparecchiatura progettata per svolgere la missione assegnata al satellite – e una piattaforma o bus, che ospita il carico utile e gli altri sottosistemi del satellite.
l segmento di collegamento è costituito dai canali di trasmissione tra il satellite e la stazione di terra, nonché tra i satelliti.
Il segmento di terra è costituito da tutti gli elementi di terra dei sistemi spaziali e consente il comando, il controllo e la gestione di oggetti spaziali come i satelliti, nonché dei dati che arrivano dal carico utile e vengono consegnati agli utenti.
È importante notare che esiste anche il segmento di utenza dell’infrastruttura spaziale, che può essere considerato come un’estensione del segmento di terra per gli utenti finali di un servizio spaziale. Può trattarsi di un’infrastruttura distribuita che fornisce interfacce a varie applicazioni e servizi che possono interagire con i segnali satellitari direttamente o con altri sistemi del segmento di terra. Utile osservare che esiste un’altra classificazione degli asset che compongono i sistemi spaziali artificiali; possono essere suddivisi in upstream, midstream e downstream, secondo una tassonomia molto in voga derivata dall’industria del petrolio, che assomiglia non poco a quella già presentata, più fisica e ingegneristica.
Il settore upstream è, grosso modo e per sommi capi, costituito dal segmento spaziale e di collegamento, quello midstream dal segmento di terra e il downstream dal segmento di utenza. In campo petrolifero l’upstream consiste nell’esplorazione e nell’estrazione, il midstream nello stoccaggio e nella distribuzione e il downstream nella petrolchimica e nella distribuzione.
È interessante rilevare qui, a fini geopolitici, la somiglianza concettuale fra i settori. L’upstream detiene le capacità strategiche e abilitanti in entrambi i casi in quanto vi sono coinvolte materie di assoluto rilievo economico, strategico e geopolitico: energia e spazio.
Ad esempio, considerando i Global navigation satellite systems (GNSS) come il GPS e Galileo, il segmento spaziale è costituito dalla costellazione di satelliti che coprono la superficie del pianeta, il segmento di collegamento dai link di telemetria e telecontrollo fra i satelliti e le basi di controllo e gestione, il segmento di terra da queste ultime e il segmento di utenza da tutti i possibili ricevitori per navigazione satellitare (moltissimi utenti hanno in tasca un pezzo del segmento di utenza di entrambi i GNSS citati, che risiede nel proprio smartphone). Mutatis mutandis, si possono applicare i concetti di upstream, midstream e downstream.
Tutti questi segmenti fanno uso di tecnologie digitali sia hardware sia software e, quindi, possono essere esposti a minacce cibernetiche; vi è una possibile – certa in prospettiva futura – interdipendenza capacitiva e funzionale con le altre tecnologie ubiquitarie (es. IA e QT), da considerare sviluppo del digitale e quindi anch’esse attaccabili in ottica cyber.
Le vulnerabilità informatiche, quindi, pongono seri rischi non solo per gli asset spaziali ma anche per le infrastrutture critiche terrestri dedicate alla loro gestione e controllo. La compromissione delle infrastrutture delle stazioni di terra è il modo più semplice per attaccare i sistemi spaziali, in quanto fornisce il software e l’hardware necessari per controllare e tracciare legittimamente gli oggetti spaziali utilizzando le reti e i sistemi terrestri esistenti.
In generale quanto noto, in termini di cybersecurity, per le infrastrutture critiche digitali terrestri (Paliotta 2024[2]) può essere applicato anche a quelle spaziali.
I sistemi spaziali, tuttavia, sono spesso un po’ più complessi delle infrastrutture digitali terrestri dal punto di vista dello sviluppo tecnologico, della proprietà e della gestione.
Tale complessità viene amplificata dall’impatto dell’IA e delle QT; esse verranno utilizzate nei sistemi spaziali sia come componenti e strumenti, sia come fattori abilitanti per la definizione, lo studio e il progetto dei predetti sistemi. Non si avrà però solo una maggiore complessità nella cybersecurity dei sistemi spaziali e delle modalità di approccio agli stessi accademiche e industriali, ma anche un’interdipendenza fra loro, dovuta ad esempio alla sempre più cospicua mole di big data per addestrare l’IA che lo spazio renderà disponibili e che, verosimilmente, catalizzerà nuove scoperte tecniche e scientifiche.
In definitiva, queste crescenti complessità e interdipendenze sollevano importanti questioni geopolitiche in relazione alla competizione tra i grandi attori statuali e non statuali, che sono i protagonisti della competizione per la conquista dello spazio e lo sviluppo delle tecnologie ubiquitarie.
Tecnologie Ubiquitarie e Trasformazione del Sistema Spaziale Nazionale
2. Sfide portate al livello della sicurezza cibernetica
Come visto in precedenza, l’intersezione tra sicurezza cibernetica e sicurezza spaziale è divenuta un terreno fertile per le minacce cibernetiche e un campo aperto alle future innovazioni apportate dalle tecnologie ubiquitarie.
Con la crescente commercializzazione e militarizzazione del settore spaziale, la sicurezza delle infrastrutture spaziali rappresenta una sfida cruciale per il futuro. Le infrastrutture terrestri critiche – come le comunicazioni, il trasporto aereo, il commercio marittimo, i servizi finanziari e il monitoraggio meteorologico – dipendono pesantemente da asset basati nello spazio, come satelliti, stazioni terrestri e collegamenti di comunicazione a livello nazionale, regionale e internazionale.
La compromissione di queste infrastrutture avrebbe un impatto drammatico sui servizi essenziali dei paesi e della vita quotidiana. Le infrastrutture spaziali dipendono da tecnologie informatiche e delle comunicazioni (ICT), mentre la sicurezza del cyberspazio risulta connessa a quella delle infrastrutture spaziali che spesso ne costituiscono parte, più o meno strettamente integrata, come i sistemi per le telecomunicazioni, specie quelli a bassa latenza basati su costellazioni (es. Starlink).
Con la crescita del settore spaziale, la sicurezza cibernetica di tale ambito deve necessariamente rimanere al passo con le principali sfide sin qui individuate. Le infrastrutture spaziali sono vulnerabili alle tradizionali minacce cyber come l’hacking, l’intercettazione dei segnali e la manipolazione dei dati. Alcune delle principali vulnerabilità sono qui di seguito individuate, a titolo esemplificativo, in maggiore dettaglio cfr. Dario Sgobbi et alii (2015)[3]:
1) Vulnerabilità delle comunicazioni. La minaccia più comune contro i canali di comunicazione (canali uplink e downlink, ovvero il segmento di collegamento) è quella del jamming, che compromette i sistemi GPS. I disturbatori GPS inviano segnali sulla stessa frequenza del dispositivo GPS, per annullare o distorcere i segnali satellitari GPS. I disturbatori GPS sono ampiamente accessibili e poco costosi da acquistare, il che li rende disponibili agli attori malevoli statuali e commerciali meno sofisticati.
Verso il segmento di utenza risulta rilevante lo spoofing, attacco in cui un attore malevolo prevede di nascondere la propria identità fingendo di essere una fonte affidabile per ottenere accesso a informazioni riservate e dati sensibili, o per fornirne di fuorvianti; nel caso dei GNSS, come GPS e Galileo, uno “spoofer”, ovvero un apparato avversario, genera un segnale simile a quello GPS contenente però coordinate fittizie, “costringendo” così all’errore il ricevitore dell’utente, con l’obiettivo di fargli compiere un percorso differente da quello previsto.
2) Vulnerabilità della catena di fornitura. Un altro problema importante, per la sicurezza cyber dei sistemi spaziali, è la complessità della catena di fornitura e dell’ecosistema di fornitori dei sistemi finanziati dalle agenzie governative. Di solito, i componenti specializzati necessari per gli asset spaziali non sono tutti sviluppati da un unico produttore. Infatti, per contenere i costi, le organizzazioni spaziali spesso acquistano i componenti da cataloghi di fornitori approvati in tutto il mondo: quando un’organizzazione governativa spaziale acquista un componente da un fornitore, ad esempio, ha poco controllo sul codice scritto dallo sviluppatore del software di quel componente. Ciò avviene, ancor di più, nel caso del software open source.
Questa mancanza di conoscenza, se non mitigata da forme di certificazione e controllo della filiera, introduce un rischio considerevole per la sicurezza cibernetica. Va tuttavia ammesso che – specie per l’Italia, che non ha più una propria industria ICT di base in termini di hardware e sistemi operativi – il rischio presente in ambito spaziale deve essere gestito e mitigato e non può essere eliminato. In realtà esistono anche vere e proprie lacune nella supply chain, che vengono risolte accettando una dipendenza dall’estero, in alcuni settori di alta tecnologia; a titolo di esempio, buona parte dei semiconduttori e degli ugelli degli stadi italiani dei lanciatori della famiglia Vega.
Quanto esposto vale per le infrastrutture spaziali disponibili oggi; come anticipato, in futuro si dovranno aggiungere al quadro le variabili derivanti dalle citate tecnologie ubiquitarie.
In questo senso risulta molto difficile fare delle previsioni, ma si possono proporre alcune considerazioni di carattere generale.
L’IA, ancora per diversi anni, sarà fruita tramite sistemi digitali tradizionali, benché l’elevato parallelismo tipico del calcolo quantistico sia considerato utile per tale tipo di tecnologia; ciò comporta la possibilità del consueto approccio alla cybersecurity ma nella consapevolezza che l’IA potrà essere un tool sia per chi si difende sia per chi attacca, alzando definitivamente “l’asticella” della competizione e la correlata complessità.
Considerazioni analoghe valgono per il calcolo quantistico che, quando disponibile, abiliterà nuove capacità e nuovi approcci nel settore grazie al significativo incremento di potenza computazionale da esso attesa.
Le tecnologie quantistiche riguardano anche le comunicazioni e la sensoristica. Il primo ambito potrà rendere intrinsecamente sicure le comunicazioni, sebbene oggi ciò sia possibile solo limitatamente allo scambio di informazioni crittografiche a bassa velocità (liste chiavi), con modalità complesse che ancora non hanno convinto i governi – per quanto noto – ad un’adozione sistematica di tale tecnologia; la sensoristica quantistica potrà invece rendere estremamente performanti i sensori impiegati nei sistemi spaziali, tenendo presente che la fruizione del dato misurato sarà effettuata con sistemi cyber attaccabili.
Appare chiaro che saranno necessari investimenti significativi, in termini sia finanziari sia di risorse umane, per gestire la complessità descritta, già notevole oggi e destinata ad aumentare.
Vulnerabilità Informatiche nel Sistema Spaziale: Analisi dei Rischi Strategici
3.Sfide portate al livello della sicurezza nazionale e possibili raccomandazioni di policy advice
Si può plausibilmente sostenere che i sistemi spaziali sono stati alla base delle strategie di deterrenza che fino ad oggi hanno contribuito a mantenere relativamente pacifiche le diverse sfere di influenza (Stati Uniti, Russia, Europa e Cina). Tutti i principali player internazionali, infatti, ritengono che la superiorità nello spazio sia essenziale per la loro politica di sicurezza nazionale.
Ciò vale evidentemente anche per l’Italia che, tuttavia, non può perseguire tale obiettivo se non su un piano di cooperazione internazionale.
La principale sfida risiede nella complessità tecnologica e negli elevati costi dell’industria spaziale; che difficilmente potranno diminuire, considerando quanto emergerà come conseguenza delle nuove tecnologie ubiquitarie (IA, QT, cybersecurity).
In questo senso, deve essere sviluppata un’adeguata strategia nazionale.
Gli ingenti investimenti sono, oggi, in gran parte a carico del settore pubblico.
Esso ben si giustifica solo se si ottengono concreti ritorni in termini:
- di capacità tecnologica;
- geopolitici;
- di sostenibilità tecnico/economica, quale capacità di vendere prodotti e servizi spaziali recuperando almeno i costi ricorrenti;
- di prestigio internazionale.
Le attività spaziali hanno, quindi, una valenza economica, tecnica, capacitiva, di prestigio e geopolitica; sono abilitate dall’autonomia o, meglio ancora, dall’indipendenza strategica.
In particolare:
- uno Stato si può considerare “autonomo” se dispone di tutti gli elementi, anche di produzione non nazionale, delle infrastrutture, ubicate dentro o fuori del territorio nazionale, necessarie ad effettuare una qualsivoglia attività spaziale, nonché della capacità di utilizzo operativo delle stesse. In altri termini, può agire in autonomia ma ha bisogno del consenso di altri Stati coi quali ha un forte rapporto di cooperazione internazionale;
- uno Stato si può invece considerare “indipendente” se dispone a livello nazionale di tutti gli elementi, incluse le componenti in subfornitura e la relativa filiera produttiva, delle infrastrutture necessarie ad effettuare una qualsivoglia attività spaziale e della capacità di utilizzo operativo delle stesse. In altri termini, può agire in piena autonomia senza il consenso di altri Stati.
In entrambi i casi, sono da considerare inclusi nella capacità di utilizzo operativo il quadro regolatorio e la presenza di almeno un service provider.
L’Italia non ha capacità spaziali “indipendenti”, ma solo parzialmente “autonome” e in misura decisamente migliorabile.
In primo luogo, è giusto rilevare l’indisponibilità sia di infrastrutture di lancio sia di accesso allo spazio sotto controllo nazionale. L’Italia ha oggi accesso allo spazio con lanci terrestri solo da territori stranieri e, in particolare, dalla base di Kourou, formalmente ESA ma, di fatto, francese.
Può usare da lì, oltre agli Ariane, i vettori della famiglia Vega, di cui l’italiana Avio è prime contractor e sistemista; i lanciatori Vega, sino a poco tempo fa, erano commercializzati in esclusiva da Arianespace che, nel corso del 2024, verrà affiancata da Avio in quest’ambito. I margini di autonomia sono invero ristretti, ma si deve salutare positivamente il nuovo ruolo di Avio nella commercializzazione.
Inoltre, limitando l’analisi a questioni di natura squisitamente economica, si sottolineano:
- specificità italiane negli assetti proprietari dell’industria, specie a livello di prime: Thales Alenia Space (francese per ⅔), Telespazio (francese per un terzo), OHB (completamente tedesca) e Avio Spa (posseduta al 28,50% da Leonardo), quest’ultima con cospicue quote sui liberi mercati . Oltre ad esse sono presenti nel comparto spazio Leonardo, Telespazio, SITAEL, INTECS e un cospicuo numero di PMI;
- lacune nella supply chain, già citate ma potenzialmente aggravate dalla situazione internazionale in atto.
In questo contesto diventa essenziale, quindi, supportare e proteggere gli asset industriali nazionali, che ci si aspetta contribuiscano ai ritorni descritti e una sempre maggiore autonomia che abbia come traguardo, in linea teorica, l’indipendenza.
Resta poi da comprendere fino a che punto asset di proprietà straniera o palesemente dominati da una logica finanziaria possano anch’essi contribuire efficacemente al raggiungimento di tali obiettivi legati alla sicurezza nazionale.
Ciò comporta l’analizzare in modo dettagliato e permanente l’economia dello spazio, al fine di approfondire i trend in essere e, per quanto possibile, le logiche industriali, finanziarie, geopolitiche che li determinano. Solo così si potrà pensare di definire – e aggiornare di conseguenza – un’effettiva ed efficace strategia nazionale di settore.
Di particolare rilievo, inoltre, risulta approfondire e monitorare gli aspetti qualitativi e qualificanti dell’ingresso dei privati nel settore spazio, processo spesso descritto come “commercializzazione dello spazio”. Si ritiene che esso sia la conseguenza della necessità di avvalersi – in primis negli USA ma, in prospettiva, anche in Europa e in Italia – della maggiore efficienza e flessibilità dell’industria privata, rimanendo saldo e dominante il ruolo degli Stati nel finanziare i programmi, nel creare il mercato di riferimento e nello stabilire le strategie.
Da tenere presente che, come da più parti si riconosce, uno dei fattori di successo della Space economy privata negli USA, di cui Space X è un esempio lampante, è la forte integrazione verticale, in netto contrasto con il modello europeo oggi disponibile, sia in European space agency (ESA) sia in Commissione Europea (CE).
Rimangono inalterati, quindi, il paradigma dei ritorni sopra definito e la necessità che il comparto industriale collabori al conseguimento degli obiettivi strategici in base ai quali si giustifica l’intervento pubblico.
Qualora dovesse emergere un mercato in cui la domanda fosse di natura privata in maniera crescente (e, in prospettiva, addirittura dominante), dovrà essere rivisto il già menzionato paradigma di ritorni e riconsiderato il ruolo dell’investitore pubblico.
Solo a titolo esemplificativo, potrebbe essere opportuna una verifica del rapporto fra i costi sostenuti in termini finanziari e i gradi di libertà delegati nella politica industriale.
In questo senso potrebbe essere utile re-indirizzare, a fini di autonomia nazionale, gli stessi investimenti in ESA, ad oggi caratterizzati da una significativa delega della politica industriale nazionale di settore, anche per quanto attiene al PNRR Spazio.
Investire in ESA, infatti, è giustificato solo se porta a ritorni in tecnologia avanzata e, quindi, in concreta capacità aerospaziale; ciò può avvenire soltanto se si investe in programmi e progetti (specie quelli opzionali) realmente innovativi, attenti al mercato e al conseguimento di capacità di rilievo strategico che portino a una maggiore autonomia e competitività del sistema Italia.
Un parametro importante sul quale fare un serio e concreto approfondimento è quello del cosiddetto “ritorno geografico” o “geo-ritorno”, per comprendere “quanto” degli investimenti fatti dal Paese ritorni concretamente nel sistema economico-industriale italiano, in termini di tecnologia a elevata qualificazione.
Rimane il tema squisitamente econometrico, reso impegnativo dal fatto che non esistono statistiche messe a punto dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) con specifico riferimento al settore spazio. Appare di immediata evidenza quanto sia strategico conoscere l’andamento nel tempo dei principali parametri economici e le loro correlazioni con le altre grandezze che possono influenzare il comparto e la politica economica e industriale.
In conclusione l’obiettivo da perseguire con convinzione, ai fini della crescente autonomia del comparto spazio nazionale, è quello della disponibilità costante di una sistematica e approfondita analisi economica ed econometrica, per valutare sia gli oggettivi, concreti ritorni (nei termini sopra definiti) per il Paese rispetto agli investimenti fatti nello spazio, sia eventuali modifiche della politica industriale, che recepiscano il maggior ruolo del settore privato; quanto descritto è essenziale per l’aggiornamento di una strategia nazionale per lo spazio.
In base al quadro prospettato l’indipendenza strategica non appare alla piena portata dell’Italia, ma dovrebbe costituire una sorta di bussola alla cui indicazione tendere asintoticamente nel tempo. Infatti, si reputa possibile migliorare le capacità nazionali conseguendo sempre maggiore autonomia operativa con l’obiettivo di ridurre al minimo le forme di dipendenza più limitanti; il tutto, come accennato, in un contesto di cooperazione internazionale.
Il Trattato sull’Unione Europea (TUE) e il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), infatti, demandano ai singoli Stati le questioni di difesa e sicurezza.
Rimane, allora, la cooperazione in ESA, irrinunciabile in quanto la CE non sembra in grado di gestire l’implementazione di programmi spaziali in autonomia ma solo di svolgere su di essi un’alta vigilanza, essenzialmente tramite la leva finanziaria del proprio piano di investimenti di ciascun framework settennale. In tale contesto, si palesano tutti i limiti dell’attuale UE e si corrono seri rischi di compressione dell’autonomia nazionale, senza le garanzie necessarie in termini capacitivi e di sicurezza.
La cooperazione bilaterale con gli USA non va, allo stato, abbandonata ed è potenzialmente molto fruttuosa, sia in termini geopolitici sia per prospettive capacitive e tecnologiche.
Altra questione di estrema rilevanza è l’importanza del mantenimento della superiorità in ambito spaziale, a cui già si è fatto cenno. Il concetto appare chiaro e difficilmente contestabile, ma nasconde un potenziale rischio.
Costruire e mantenere una superiorità spaziale, infatti, comporta costi elevati e tempi lunghi; fornisce un vantaggio molto significativo ma è privo di rischi solo quando il conflitto è fortemente asimmetrico. Va considerato infatti che, specie alle quote basse, le cosiddette Low earth orbit (LEO) fra i 200 e i 2.000 km, ove risiedono quasi tutti i satelliti governativi e militari, è possibile un credibile tentativo di interdizione della superiorità spaziale tramite:
- dispositivi di jamming ad alta potenza, potenzialmente distruttivi dell’elettronica di bordo;
- esplosioni nucleari fuori dell’atmosfera, pure potenzialmente distruttive dell’elettronica di bordo tramite il Nuclear electro magnetic pulse (NEMP).
Tali capacità non richiedono di essere una superpotenza tecnologica; basti pensare che la Corea del Nord le ha. Fra l’altro tale attacco non farebbe vittime umane dirette e sarebbe, quindi, non semplice bilanciare un’adeguata reazione.
La domanda da farsi diventa, quindi: chi ha investito per ottenere la superiorità spaziale e, in qualche modo, vi si è abituato, quanto sarà capace di rinunciarvi? Tale rinuncia avrà effetto solo sugli operatori o anche su altre parti del dispositivo di resilienza e sicurezza dello Stato privato (in tutto o in parte) della sua superiorità spaziale?
A mero titolo esemplificativo, si ricorda che i sistemi GNSS forniscono il riferimento di tempo e frequenza ad un numero ormai elevatissimo di sistemi. Se mancasse il riferimento in questione quali e quanti fra i sistemi che lo usano potrebbero continuare a funzionare? In definitiva, il tema qui succintamente evidenziato deve essere necessariamente recepito in una coerente Strategia spaziale nazionale.
Conclusioni
Lo spazio non solo sta diventando sempre più congestionato, conteso e competitivo, ma anche sempre più commerciale; a titolo esemplificativo basta osservare che Space X e Starlink, entrambi di proprietà di Elon Musk, concentrano nelle mani di una sola persona capacità spaziali che, forse, nessuno Stato oggi possiede, con la possibile eccezione degli USA. Il pericolo legato alla crescita delle attività spaziali – e alla proliferazione di attori in grado di operare nello spazio – è quello di creare una crescente competizione geopolitica tra le parti, che può portare a errori di valutazione ai fini della sicurezza nazionale, soprattutto per quanto riguarda le nuove tecnologie ubiquitarie.
È chiaro che la mitigazione delle minacce informatiche nello spazio richiede soluzioni sia tecnologiche che politiche. Sebbene molte delle soluzioni tecnologiche per i sistemi terrestri possano essere applicate alle infrastrutture spaziali, lo spazio crea alcune sfide uniche per la sicurezza nazionale. Inoltre, poiché l’ambiente delle minacce è dinamico, anche le soluzioni tecnologiche devono essere dinamiche e adattarsi alle nuove situazioni di minaccia.
Oltre ai meccanismi di sicurezza cibernetica tradizionali, quali il contrasto agli attacchi e i protocolli di sicurezza, sono necessarie nuove architetture e soluzioni di sicurezza che tengano conto dell’evoluzione dei sistemi digitali, nonché dell’impatto dell’intelligenza artificiale e delle Quantum technologies.
Pertanto, un approccio globale per una risposta e una mitigazione efficaci richiede una soluzione politica sistematica e unificata che possa guidare gli sforzi tecnologici per proteggere i beni e i servizi spaziali del proprio Paese. La soluzione politica deve affrontare diverse dimensioni, poiché nuovi attori (statuali, non statuali e commerciali) e nuove tecnologie stanno espandendo e trasformando le attività spaziali.
Tuttavia, al momento né la politica spaziale né la politica di sicurezza nazionale a livello di Paese Italia sembrano pronte ad affrontare le sfide create dall’intreccio tra spazio e cyberspazio; e ciò aumenta drasticamente i rischi per la sovranità nazionale. In conclusione, la convergenza tra spazio e ciberspazio richiede una visione olistica e una risposta globale. Le idee prospettate in questo breve testo vanno poste alla base di una strategia di medio-lungo periodo che definisca priorità, risorse e obiettivi intermedi: e ciò è essenziale per garantire all’Italia un futuro sicuro nello spazio.
Note:
[1] La tecnica. Rischio del secolo, Giuffré, Milano, 1969 (La technique ou l’enjeu du siècle, Paris: Armand Colin, 1954). Il sistema tecnico, Jaca Book, Milano 2009 (Le Système technicien, Paris: Calmann-Lévy, 1977).
[2]Le infrastrutture critiche all’intersezione tra dispositivi cyber-fisici e Cyber Threat Intelligence, Quaderni di Cyber Intelligence #5, ICT Security Magazine, pp. 34-45, 2024, https://www.ictsecuritymagazine.com/pubblicazioni/quaderni-di-cyber-intelligence-5/
[3]Space and Cyber Security, in Schrogl KU, Hays PL, Robinson J, Moura D, Giannopapa C (eds), Handbook of Space Security. Policies. Applications and Programs, vol. 1, ch. 9, pp. 157-185. Earth Observation for Defense, in Schrogl KU, Hays PL, Robinson J, Moura D, Giannopapa C (eds), Handbook of Space Security. Policies. Applications and Programs, vol. 2, ch 31, pp. 527-554.