Che cosa è un segreto?
Dalla Treccani riporto testuali parole “Ciò che uno nasconde dentro di sé e non rivela (tranne singole e determinate eccezioni) a nessuno” oppure il Devoto-Oli “Fatto, avvenimento o discorso che non deve essere rilevato” o a detta di Georg Simmel “Un segreto noto a due persone non è più tale”. Un segreto è quindi qualcosa che tendenzialmente conosciamo soltanto noi e che non divulghiamo o, se lo facciamo, solo ad una cerchia molto ristretta di persone.
Ma una password è un segreto?
È presente nella nostra mente ma anche memorizzata su un sistema informatico che ogni volta che viene richiesta e digitata, viene controllata da un software che ad ogni accesso la compara con quella presente nella sua base dati per identificare la corretta identità digitale.
Inoltre le password sono difficili da memorizzare, devono essere facilmente immagazzinabili soprattutto dalla nostra mente, figuriamoci più password complesse cambiate con cadenza di tre mesi. Questo ci porta a trascriverle in chiaro in altri supporti magnetici (ad es. PIN del bancomat sul telefono memorizzato sotto falso nome, Post-It sparsi sulla scrivania fino ad arrivare all’intera lista dei nostri account / password ivi compresa URL di accesso su OneDrive). Le nostre password spesso sono “predicibili” perché composte da una serie di informazioni “segrete” o “pubbliche” come date importanti, posti significativi, cose bizzarre che conosciamo bene solo noi e che ci risulta facile ricordare nel tempo.
Ma tutto questo è realmente segreto?
Probabilmente no.
Tipiche debolezze dei nostri segreti sui sistemi informatici
Ma come possiamo proteggerci?
Conclusioni
Le password stanno vivendo momenti difficili da molto tempo e sono ad oggi il primo vettore di attacco informatico che si rileva costantemente nelle attività di controllo. Inoltre questa forma di accesso avrà un ulteriore sprint trainato dalla diffusione degli IoT che usano (e abusano) l’accesso tramite password cablate nei firmware o di “default amministrativo” (come abbiamo visto nel DDoS per la botnet MIRAI). Queste password ovviamente non verranno mai cambiate dagli utenti se non tramite un software di orchestretor che procederà a farlo solo se previsto in fase di design del sistema.
Oggi è ancora presto, ma l’accesso biometrico probabilmente (ma molto lentamente) sostituirà le password aiutandoci anche a rendere più semplice il quotidiano e la CX in quanto un’iride o un volto saranno sempre gli stessi e non cambieranno mai anche avendo più account su sistemi differenti. Oggi possiamo sicuramente fare molto di più per mettere in sicurezza le nostre password, anche introducendo sistemi di OTP che si rivelano efficaci (e di basso costo magari su applicazioni “business-core” che devono essere maggiormente protette) su sistemi dove l’esposizione al rischio e l’appetibilità dei dati risulta elevata.
Passeremo quindi da un segreto ad un qualcosa di fisico che porteremo sempre con noi e detta così potrebbe essere una cosa poco bella.
Non sottovalutiamo mai l’arte dell’hacking che non smetterà mai di stupirci con nuove ed inimmaginate tecniche, magari introducendo ulteriori forme di furto delle credenziali basate sulla riproduzione delle caratteristiche biometriche di un utente (biometric impersonation) per poi rivenderle in formato fisico ed elettronico nel deepweb tramite un nuovo ed inimmaginato marketplace.
A cura di: Massimiliano Brolli
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